Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

sabato 24 settembre 1994

La silenziosa

“A capotavola c'era un canonico di Notre-Dame di Parigi che se ne stava lì come a casa propria...” Brillat-Savarin
- Firenze, Toscana – Un pranzo nel ristorante più elegante di Firenze, non può non offrire l'osservazione di una fauna variegata e singolare. Mi è rimasto il ricordo di una giovane giapponese che non si guarda mai intorno e accoglie ogni scoperchiamento di argentea cloche con soffocati gridolini di ammirazione (avrei dovuto ordinare i suoi piatti, penso) e soprattutto dei due commensali seduti al tavolo centrale. Lei è una giovane donna di circa trent'anni, bionda e diafana, sobriamente elegante in un tailleur pantalone grigio chiaro. Parla poco, o meglio riesce raramente a intromettersi nei soliloqui di lui, forse un collega di lavoro, di sicuro uno che vuol fare colpo ma esagera. Ha il look dell'architetto anni Novanta, completo color senape, camicia a righe che si gonfiano sulla pancia, farfallino colorato e occhiali tondi con montatura in tartaruga allora in voga. In sala non si sente che la sua voce, il suo elogio con accento toscano del palazzo che ospita il ristorante, della stanza, dei quadri ecc. Un tipo simile mi rafforza nell'idea rossiniana che per mangiare un tacchino basta essere in due, io e il pennuto e lei gode di tutta la mia solidarietà, anche se non so come esprimergliela. Alla fine del pranzo visito il bagno, una mania che mi è rimasta, anche se del bagno non ho bisogno. Quando vado a lavarmi le mani incontro la silenziosa. Ci guardiamo con simpatia e senza una parola ci scambiamo un sorriso complice. Un lampo di condivisione, un ricordo affettuoso che negli anni non si è cancellato.

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